Fin dall’antichità i popoli hanno utilizzato tinture di varia origine per colorare i tessuti: vegetale, minerale, animale. Inizialmente procurandola nel proprio ambiente ma poi dando vita a fiorenti commerci di coloranti, tanto più preziosi quanto più duraturo e di qualità era il colore che garantivano. L’arte della tintoria si è sviluppata nei secoli in oriente e in occidente e anche a Venezia, città di lunga tradizione tessile, ha conosciuto momenti di grande splendore. Scopriamola insieme.

Il lavoro dei tintori di tessuti a Venezia

La società produttiva veneziana era rigidamente organizzata in Corporazioni di Arti e Mestieri, governate da norme precise raccolte nelle mariegole, ossia i loro statuti. Anche la conoscenza dei coloranti naturali e il loro impiego erano prerogativa di una Corporazione, l’Arte dei Tintori, che nel XVI secolo, quando Venezia è all’apice della sua grandezza, viene riorganizzata in Arte Maggiore e Arte Minore in base alla specializzazione. La prima raccoglie i tintori della preziosa seta, ai quali è richiesta particolare esperienza e maestria nel trattare la delicata fibra, mentre la seconda raggruppa i tintori di lana, cotone e lino.

Le materie tintorie di più alta qualità sono monopolio della produzione locale e solo quelle che eccedono il consumo interno o quelle di minore pregio vengono esportate. Le procedure per la tintura sono seguite e controllate in modo quasi maniacale e questo garantisce a Venezia di avere i migliori tessuti: broccatelli, damaschi e velluti, apprezzati soprattutto nel famoso rosso scarlatto.

Lampasso Melograno 244-33990S rosso | Tessiture Bevilacqua

Lampasso Melograno rosso

Broccatello Sagredo rosso 074-32334 | Tessiture Bevilacqua
Broccatello Sagredo rosso
Velluto bacchetta Torcello 130-3940S rosso | Tessiture Bevilacqua

Velluto Torcello rosso

Tale è la sua fama che anche da tutta Europa vengono inviati tessuti a tingere nella citta lagunare. L’arte è estremamente fiorente: in città vi sono numerose botteghe che sfruttano i canali d’acqua per sciacquare i panni tinti, che vengono poi stesi ad asciugare nelle zone assolate, anche sulle altane, le tipiche terrazze sui tetti veneziani.

 

Il primo trattato di chimica tintoria

Nel 1560 viene pubblicato a Venezia quello che sarà considerato il primo trattato di chimica tintoria: “Plictho de l’arte de tentori”. Ne è autore Giovanventura Rosetti, che nella sua opera svela i segreti del mestiere fino ad allora gelosamente custoditi, riguardanti sia le tecniche che le ricette dei coloranti. Un aspetto importante riguarda le materie prime più utilizzate, che venivano poi combinate con altre sostanze:

  • per il rosso si usavano il chermes, da cui cremisi, ricavato da una cocciniglia o “piccolo verme” (da cui vermiglio) oppure la radice essiccata della pianta di robbia;
  • per il giallo si utilizzavano ginestra, zafferano o curcuma;
  • per le gradazioni di azzurro, si utilizzava la pianta del guado;
  • per il nero, la corteccia di vari alberi.

Il suo successo fu tale che rimase il testo di riferimento dei tintori per secoli, una professione a cui venivano attribuiti onori e rispetto tanto che anche il famoso pittore veneziano Jacopo Robusti si servì di uno pseudonimo legato a questa arte, ossia Tintoretto, proprio perché il padre era un tintore di tessuti di seta.

Cover photo credit: Il Tabarro
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