I primi tessuti pregiati prodotti a Venezia furono di seta, arricchiti con preziosi filati d’oro e d’argento. Si tratta della tessitura auroserica, la cui tecnica di realizzazione venne svelata alla Serenissima grazie all’amore di un imperatore per una gentildonna veneziana.
Dal commercio dei tessuti alla produzione serica veneziana
Fin dagli inizi dell’Era Cristiana, la seta veniva importata in occidente dalla Cina e dalla Persia. Con Giustiniano, la lavorazione di questo filato arrivò anche a Bisanzio, capitale dell’Impero Romano d’Oriente, città con la quale Venezia aveva un’intensa attività commerciale.
Venezia aveva ottenuto da Bisanzio privilegi speciali che altre città non possedevano, come la libertà di traffico esentasse di ogni sorta di merci proveniente dall’oriente. Per questo importava in esclusiva prodotti di lusso quali spezie, avorio e tessuti di seta.
Al solo commercio di tessuti pregiati, si aggiunse in seguito la produzione locale di seta greggia e la sua tessitura, seppur limitata inizialmente a stoffe semplici, non operate o ricamate.
Le influenze orientali nella tessitura della seta
La tecnica utilizzata per la tessitura della seta si perfezionò progressivamente, grazie al contatto con altre culture, prevalentemente cinese e araba che già da secoli lavoravano il prezioso filato.
In particolare, alcuni procedimenti fondamentali per la realizzazione dei tessuti auroserici vennero rivelati agli artigiani veneziani da Antinope, un esperto tessitore greco al seguito dell’imperatore Enrico IV, giunto a Venezia alla fine dell’XI secolo per venerare il corpo di San Marco.
Si narra che l’imperatore del Sacro Romano Impero durante la sua permanenza a Venezia si innamorò della gentildonna Polissena Michiel, alla quale volle fare dono di una preziosa veste in seta e oro. Per la sua realizzazione incaricò Antinope che, servendosi per il lavoro di maestranze locali, insegnò loro il procedimento.
Un altro contributo fondamentale risale al 1269, anno in cui i fratelli Polo ritornarono a Venezia dal loro primo viaggio in Cina. Da questo Paese essi portarono con sé vari manufatti e stoffe, introducendo in città alcune soluzioni tecniche per la tessitura e i tipici motivi ornamentali cinesi, fitomorfi e zoomorfi.
Nel corso del 1300 si assistette così ad una trasformazione della decorazione, che passò da un’impostazione compositiva molto regolare e simmetrica al naturalismo, con rappresentazioni realistiche dinamiche. Si imposero i simboli allegorici tradizionali cinesi tra i quali il fiore e le foglie di loto, la peonia e animali fantastici, insieme a quelli della simbologia cristiana come il vitellino, il pavone, i pappagallini, con elementi vegetali di collegamento.
Un sostanziale apporto allo sviluppo dell’arte serica veneziana venne dato anche dagli abili tessitori lucchesi, giunti numerosi in laguna tra il 1307 e il 1320, soprattutto per la lavorazione del velluto, di cui erano autentici maestri.
La comparsa dei velluti, status symbol dell’aristocrazia veneziana
Alla fine del Trecento, tra le stoffe lussuose più richieste a Venezia, si fece largo proprio il velluto, incluso quello operato detto “afigurado”, in cui il decoro è caratterizzato da accostamenti cromatici vistosi e da elementi stilistici orientali, come la foglia frastagliata e la palmetta chiomata. Alla creazione di tali decori collaborarono anche artisti quali Jacopo Bellini e Pisanello.
Una specialità tutta veneziana era l’alto-basso o controtagliato: un tessuto generalmente di intenso colore rosso cremisi, dalla superficie vellutata con una differenza di altezze del pelo, il cui decoro consiste in rosette concentriche alternate in verticale a corone araldiche sostenute dall’unione di due rami contorti.
Tale velluto, che rimarrà fondamentalmente uguale nel corso di quattro secoli, diventò lo status symbol delle più alte categorie sociali e politiche; è con esso infatti che si confezionavano le stole di senatori e procuratori della Repubblica.
Il protezionismo verso l’arte tessile a Venezia
Alla fine del 1300 venne istituita la Corte del Parangon, un ufficio dove venivano conservate le pezze delle varie tipologie tessili, realizzate a regola d’arte e con i migliori materiali. Queste servivano come riferimento per quelle di volta in volta prodotte, che dovevano avere stesse caratteristiche e livelli di qualità per poter essere messe in commercio.
Si intensificò l’attività legislativa protezionistica dell’arte serica attraverso numerose norme quali il divieto di importare velluti e tessuti auroserici, tranne che dal Levante, il divieto per i maestri tessitori di andare a lavorare al di fuori di Venezia e per gli schiavi di apprendere l’arte della tessitura.
Il processo produttivo dei tessuti venne regolamentato per mantenere altissimi livelli qualitativi. Nel 1366 si nominò un’apposita commissione di vigilanza sull’Arte della seta, ormai in continuo sviluppo, e si istituì il Sazo, un’istituzione finalizzata al controllo delle tinture. In particolare, si prescriveva come produrre con l’uso del “chermes” quel peculiare color cremisi, conosciuto in seguito come scarlatto o rosso veneziano. Il segreto per ottenere la particolare brillantezza del colore veniva custodito gelosamente dai tintori.
Anche la produzione del velluto era soggetta a controlli e regole. Non tutte le tecniche erano ammesse, gli attrezzi per la sua lavorazione dovevano rispettare certe regole e le pezze dovevano avere misure prestabilite e venire bollate, come garanzia di conformità.
Secoli XVI e XVII: stoffe pregiate, decorazioni e tessuti per arredamento
Verso la fine del ‘500, i tessuti per arredamento iniziarono a differenziarsi nettamente da quelli per l’abbigliamento e vennero utilizzati per decorare le pareti, realizzare tendaggi, rivestire schienali e sedute, testiere e baldacchini.
Le stoffe d’arredo avevano decori che prendevano spunto da affreschi, bassorilievi, vetrate delle chiese, sculture. Si arricchirono di fregi, fasce orizzontali, bordi armoniosi e soprattutto di richiami alle decorazioni grottesche.
Durante il XVII secolo iniziò a diminuire la produzione serica a Venezia, ma aumentò il fatturato annuo complessivo del settore, perché la richiesta si spostò decisamente verso le stoffe pregiate, chiamate “ganzi”, impreziosite d’oro e d’argento e con un decoro complesso.
Secoli XVIII e XX: crisi e rinascita dell’arte della lavorazione della seta veneziana
Considerata a ragione un’arte, la tessitura mantenne la raffinatezza e ricercatezza della prestigiosa lavorazione artigianale fino al XVIII secolo, quando lo sviluppo delle manifatture, soprattutto francesi, prese il sopravvento nel mercato europeo.
In questo periodo numerose tessiture veneziane furono costrette a chiudere anche a causa della vigilanza costante e severa per la salvaguardia della qualità che andò a scapito dell’imprenditorialità veneziana e a vantaggio della concorrenza straniera.
La caduta della Serenissima nel 1797 e l’invenzione del telaio Jacquard poco tempo dopo, segnarono un punto di grave crisi dell’arte serica artigianale, che riuscì però a sopravvivere grazie ad alcune storiche manifatture, e tornò agli antichi splendori all’inizio del ‘900 quando la ripresa della tradizione si riaffermò grazie all’iniziativa di aziende quali la Tessitura Bevilacqua.